“i medici d’urgenza non sono così esperti dei processi di pensiero, come pensano di essere”
L’errore in medicina è spesso legato al cosiddetto “fattore umano”: perché i nostri processi mentali sono intrinsecamente fallibili.
Questi errori cognitivi, attribuibili a un ragionamento sbagliato, e non a negligenza o incompetenza dei professionisti, sarebbero per definizione prevenibili.
Il nostro grado di influenzabilità dipende dal contesto di lavoro, dalle interazioni con gli altri e dalla stanchezza. Purtroppo è decisamente più alto di quanto ingenuamente possiamo sperare.
Per questo motivo anche l’equipe sanitaria più preparata, esperta e razionale, può in qualsiasi momento fallire, in particolare in pronto soccorso. A tal punto che il nostro abituale luogo di lavoro è oggetto di studio privilegiato per valutare l’impatto del fattore umano sugli errori in medicina, fino a definirlo “il laboratorio per lo studio dei processi mentali fallaci”, o più brevemente “il laboratorio dell’errore”.

Le caratteristiche che rendono il pronto soccorso un luogo “trappola” per la nostra mente sono:
l’elevata incertezza diagnostica
in pronto soccorso si presentano pazienti “indifferenziati”, e spesso non è possibile arrivare in tempi brevi a una diagnosi definitiva. L’approccio iniziale parte direttamente da segni e sintomi, quindi la direzione iniziale del percorso diagnostico-terapeutico dipende da noi. Soprattutto in area verde la stragrande maggioranza dei paziente non ha una patologia grave, ma il rischio di sottovalutare e incanalare a forza il paziente a rischio in percorsi prestabiliti, “mentalmente comodi”, è sempre elevato.
l’elevata densità decisionale
siamo obbligati a prendere un gran numero di decisioni, più o meno importanti, in breve tempo. Per forza di cose queste decisioni non possono sempre sorreggersi su dati incontrovertibili. Perché le informazioni a disposizione sono spesso parziali e sempre in evoluzione. Decidere è una necessità, anche quando non lo vorremmo fare.
l’elevato carico cognitivo necessario per processare grandi volumi di dati
siamo inondati da una enorme mole di informazioni. I sintomi dei pazienti, il parente che chiede informazioni, un farmaco che manca, gli esami di laboratorio visti di sfuggita, l’ospedale dove dobbiamo trasferire che non risponde, il paziente che non ha nulla di grave e che ci chiede insistentemente un certificato Inps, il paziente affetto da demenza che chiama in continuazione… Il cervello a fatica cerca automaticamente di selezionare i dati importanti, ma qualcosa può sfuggire.
multipli passaggi di consegne
dobbiamo e vogliamo fidarci dei nostri colleghi, ma siamo tutti fallibili. Le informazioni che riceviamo sono state interprate ed elaborate da altri: nel passaggio da un medico all’altro possono essere omessi dati importanti, che magari non rientrano nello schema mentale dove abbiamo collocato il paziente. Soprattutto negli ospedali dove i tempi per ricoverare sono lunghi, il paziente viene passato in consegna tra diversi colleghi, e non è sempre fisicamente possibile rivalutarlo globalmente quando montiamo in turno.
multiple interruzioni e distrazioni
sappiamo quanto spesso le nocche battono sulla nostra porta e quante volte suona il nostro telefono, talvolta per motivi banali. Tutte queste distrazioni possono farci perdere il filo logico e stancare la nostra mente.
vasto spettro di patologie e manifestazione atipiche
praticamente tutto passa per il pronto soccorso. Noi vorremmo inserire tutti i pazienti in un algoritmo, ma in realtà ognuno è diverso dagli altri. Tra le dispnee non ci sono tante “bpco riacutizzate” quante ne vorremmo. Per identificare i casi atipici bisogna rallentare, soffermarci su particolari a cui non siamo abituati e sforzarci a non etichettare il paziente.
limite di tempo
il nostro ritmo di lavoro non dipende da noi. Se rallentiamo troppo la pressione aumenterà sul triage e sul collega della porta accanto.
emotività
rischio di perdere la freddezza di fronte a situazioni impreviste e particolarmente dolorose. Prima che medici siamo tutti essere umani.
comunicazione inefficace tra gli operatori sanitari
soprattutto nelle situazioni di emergenza e di sovraffollamento c’è il rischio che le informazioni si disperdano nel vuoto o siano male interpretate. Spesso il messaggio non è chiaro e il ricevente non sa di esserlo.
anamnesi frammentaria o non raccoglibile
pazienti che non portano documentazione o confusi, parenti non presenti… spesso non abbiamo tutte le informazioni necessarie per inquadrare correttamente il paziente.
decisioni multiple su più pazienti
peculiarità asssoluta del medico d’urgenza. Seguire più pazienti in contemporanea, cercando di stabilire le priorità e distribuire correttamente risorse umane e materiali. Non curiamo un singolo paziente, ma una comunità di sconosciuti che si è imprevedibilmente radunata dentro uno spazio fisico (spesso ristretto).
mancanza di un riscontro delle nostre decisioni
per avere informazioni sul decorso dei nostri pazienti dobbiamo attivarci direttamente. In particolare per tutti i pazienti che mandiamo a casa non possiamo essere certi della correttezza della nostra condotta (chi ci dice che il paziente non sia andato il giorno dopo in un altro ospedale?). La mancanza di un riscontro può rendere difficile la presa di coscienza dei propri errori.

Considerando questo preambolo appare evidente come nella nostra formazione, soprattutto universitaria, ci sia attualmente poca attenzione verso il fattore umano.