Articolo pubblicato sul sito: https://torino.corriere.it/notizie/cronaca/23_settembre_04/brandizzo-giallo-del-dispositivo-di-sicurezza-7b7e7cf7-d1cb-498a-af75-302ea116axlk.shtml
di Massimiliano Nerozzi
Indagini sul sistema che avvisa se il binario è già occupato. L’inchiesta si concentra anche sulle prassi dell’azienda coinvolta nell’incidente, nel quale sono morti 5 operai

IVREA – L’audio delle telefonate tra il dirigente movimento di Chivasso e il collega di Rfi sul campo e le immagini della telecamera sul binario uno, restituiscono una scena di una tranquilla tragicità: ben prima dell’orario previsto, mezzanotte, la squadra di operai viene mandata sui binari, e inizia a lavorare, appena passato quello che si pensava l’ultimo treno, come fosse la cosa più normale del mondo. Ora la Procura di Ivrea, che indaga sull’incidente di Brandizzo, vuole capire se questo modus operandi è una sciagurata eccezione o una terribile consuetudine (delle aziende): così, già oggi, potrebbero essere sentiti come persone informate sui fatti colleghi ed ex colleghi dei cinque lavoratori della Sigifer, uccisi nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi.
Il modulo «M40»
Dopodiché, al di là dell’errore umano, i magistrati vogliono verificare le procedure di sicurezza e i sistemi di protezione della linea, in caso di cantieri. Partendo dall’ipotesi verso la quale convergono finora tutti gli indizi: l’interruzione della circolazione non fu mai data e, quindi, neppure il nulla osta per l’inizio dei lavori. Motivo per il quale l’ufficio diretto dal Procuratore Gabriella Viglione ha indagato Antonio Massa, 46 anni, la «scorta ditta» di Rfi al fianco degli operai, e Andrea Girardin Gibin, caposquadra della Sigifer: entrambi, con le accuse di disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale. I lavoratori furono invece fatti andare sui binari, nonostante mancasse l’ok, da riportare, per «iscritto e da firmare», con fonogramma, il cosiddetto modulo «M40».
Il corto circuito di sicurezza che non scattò
L’inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Giulia Nicodemi e Valentina Bossi, si chiede anche cosa succeda in caso di disattenzione. Di errore umano, insomma. «E in questo caso il corto circuito di sicurezza non è partito, vedremo», ragionava un investigatore, impegnato in un sopralluogo sul binari. Il riferimento è ai «Circuiti di binario, i CdB»: circuiti elettrici costituiti da sezioni di binario, dette «controllate», che hanno lo scopo di segnalare la presenza di rotabili sul tratto. «Una delle tipologie di sensori del sistema Ccs (Controllo, comando e segnalamento), sono fondamentali per la sicurezza della circolazione», spiega Rfi nei documenti della sezione «Sicurezza e tecnologia». Circuiti che, generalmente, sono ubicati in determinati punti della linea e nelle stazioni. In assenza di rotabili, la corrente elettrica alternata immessa nel binario in un punto si richiude in un altro, attivando un dispositivo, detto ricevitore, che segnala il CdB come «libero». La presenza di un locomotore o di un vagone, attraverso i suoi assi, offre invece una via di richiusura alla corrente, creando un «cortocircuito», spegnendo il ricevitore: e il CdB risulta occupato.
Il meccanismo dovrebbe funzionare anche in caso di lavori su un unico binario, ma con l’uso di determinati attrezzi metallici o, va da sé, se un pezzo di binario fosse smontato dalla linea. In ogni caso, il sistema non scattò: se per un malfunzionamento o meno, è un altro punto che accerterà l’inchiesta.